Art. 83 testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) - Determinazione del reddito complessivo (2024)

Nell’ambito della disciplina sul reddito di impresa, di cui agli artt. 83 e ss. del TUIR, non si rinvengono disposizioni specifiche in riferimento all’acquisto e alla vendita degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione.
All’interno del TUIR, la materia trova una specifica disciplina solo nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, laddove l’art. 54, comma 5, terzo periodo, espressamente dispone che “Sono comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l'acquisto o l'importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l'esercizio dell'arte o professione”.

La predetta disposizione, inoltre, ne prevede la deducibilità nei limiti dell'1 per cento dei compensi percepiti nel periodo d'imposta e, conseguentemente, li considera beni non plusvalenti (o minusvalenti), così come espressamente previsto al comma 1-bis del medesimo art. 54.
Ai fini della loro qualificazione in tema di reddito di impresa occorre, quindi, procedere sulla base delle regole generali sull’imponibilità e la deducibilità dei componenti di reddito.
Sotto questo profilo occorre distinguere tra le:

  • imprese che hanno ad oggetto la commercializzazione delle opere d'arte. Per tale tipologie di imprese, le stesse costituiranno “beni merce” e, quelle in giacenza alla fine del periodo di imposta, rientreranno nella valutazione delle rimanenze di magazzinoda effettuare applicando il criterio del costo specifico d’acquisto (costo storico);
  • imprese che detengono tali beni a scopo di trarne le pertinenti utilità nel lungo periodo cioè che dispongono di tali beni con finalità di rappresentanza e lustro (così come accade per i lavoratori autonomi), per le quali, quindi, difettando l'attività tecnica-commerciale di compravendita di tali opere, l’orientamento più consolidato è quello che prevede l’indicazioni degli oneri connessi al loro acquisto tra le immobilizzazioni non ammortizzabili perché, al contrario di ciò che presuppone un piano di ammortamento, l’opera incrementa il suo valore con il passare del tempo in relazione alla sua unicità, alla notorietà dell’artista, a ritocchi di restauro e simili.

A questo proposito, l’unico documento rinvenibile è il parere n. 29, reso dal Comitato Consultivo per le norme antielusione in data 14 ottobre 2005, secondo il quale, posto che l’art. 102 del TUIR individua il presupposto dell’ammortamento dei beni strumentali nel “deperimento e consumo nei vari settori produttivi”, dal momento che un’opera d’arte, in quanto destinata a durare senza limiti di tempo, presenta una vita economica pressoché infinita, alla stessa stregua, ad esempio, dei terreni, l’opera d’arte [...], pur rilevando come “asset aziendale”, non costituisce un cespite ammortizzabile e, pertanto, il relativo costo non può essere ammortizzato né altrimenti dedotto dal reddito di esercizio.
Ai fini della corretta rappresentazione contabile occorre allocare tali immobilizzazioni in modo specifico sotto una voce aggiuntiva, inserita in applicazione dell'art. 2423 ter del c.c. all'interno della struttura dei documenti che compongono il bilancio.

Ovviamene, l’allocazione delle predette opere tra le immobilizzazioni presuppone che le stesse possano essere considerate inerenti in relazione all’attività di impresa così come espressamente richiesto dall’art. 109 del T.U.I.R., avuto riguardo alla natura del bene ed al rapporto tra l’ammontare del costo storico e del volume d’affari dell’attività concretamente esercitata.
La non ammortizabilità di detti oneri, oltre ad essere stata asserita dal Comitato Consultivo per le norme antielusione nel parere prima citato è stata, altresì, sostenuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con la sentenza del 13 ottobre 2006, n. 22021 in cui si è pronunciata in relazione all’acquisto di quadri da parte di un albergo come arredo per i propri ambienti.
La Corte ha, infatti, sostenuto che l'ammortamento di un bene è ammissibile solamente se esso è suscettibile di consumo, fisico-economico, e di deperimento a causa del suo utilizzo. I quadri non subiscono alcun logorio, in quanto hanno, come scopo essenziale, quello di abbellire i locali, senza nessuna altra possibilità di utilizzo. Inoltre, in quanto oggetti d'arte, possono rivalutarsi nel tempo, incrementando il loro valore. Pertanto, ne ha escluso l’ammortizzabilità.

Lo stesso comitato consultivo per le norme antielusione, in un successivo parere del 5 maggio 2008, n. 8, si è espresso in favore dell’ammortamento dell’acquisto di un’opera d’arte. Va, tuttavia, rilevato che nel suddetto parere si riferiva ad oggetti d’arte con moderato valore artistico valutabili come semplici arredi i quali sarebbero ammortizzabili e deducibili dal reddito d’impresa; al contrario, le opere d'arte caratterizzate da ingente valore artistico non sarebbero ammortizzabili per le considerazioni prima espresse.
Nel predetto parere, inoltre, viene evidenziato che le spese sostenute per l’acquisto di opere d’arte costituirebbero spese di rappresentanza le quali, così come fatto rilevare dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 34/2009, sono sostenute al fine di creare, mantenere ed accrescere il prestigio della società e di migliorarne l’immagine.

Al riguardo va rilevato che la normativa fiscale riconosce la deducibilità integrale nell’esercizio di competenza delle spese di rappresentanza che soddisfano i requisiti di inerenza e congruità indicati dal D.M. 19 novembre 2008 che, salve alcune eccezioni, ne subordina la deducibilità al rispetto di determinati parametri di congruità.
È da ritenere che, così come rilevato per i lavoratori autonomi, la deducibilità fiscale delle spese connesse alla predette opere ne condiziona anche la capacità di generare plusvalenze e minusvalenze, fiscalmente rilevanti. Al riguardo, pur in assenza di espresse indicazioni da parte dell’amministrazione finanziaria e di riscontri di prassi, è da ritenere che, anche in questo caso, occorre distinguere tra la cessione di quelle che sono oggetto di attività d'impresa e la cessione di quelle che non lo sono:

  • la cessione delle prime produrrà ricavi ex art. 85 co.1 del TUIR;
  • la cessione di quelle acquistate solo allo scopo di abbellire i locali e di dare un’immagine positiva dell’azienda, genererà plusvalenze imponibili ex art. 86 co. 1 del Tuir (o minusvalenze deducibili), determinate come differenza tra prezzo di vendita dell’opera d’arte, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e il costo non ammortizzato dei beni medesimi, nella misura in cui i relativi oneri siano stati fiscalmente dedotti ai sensi dell’art. 108 del medesimo TUIR.

L’assenza di una espressa indicazione da parte della stessa amministrazione finanziaria legittimerebbe, comunque, la possibilità di presentare un’istanza di interpello qualificatorio ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a) della Legge n. 212/2000, chiedendo, quindi, alla stessa amministrazione la corretta qualificazione dei componenti di cui si discute.

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